“ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO”
Il tempo ritrovato
Il noto sintagma “La città felice”, che titola il volume, è di natura filosofica e rimanda ai grandi pensatori rinascimentali Tommaso Moro, Tommaso Campanella e, naturalmente, all’illustre chersino Francesco Patrizi. Si tratta di associazioni che in senso storico-culturale – in riferimento a Cittanova come Utopia o Città del Sole sui generis o semplicemente come Città Felice – sono effettivamente fondate: proprio nel cuore dei secoli più burrascosi d’Europa esisteva ed esiste, entità urbana caratteristica e compiuta, questa cittadina non grande ma straordinariamente bella. Può darsi che sia difficile e persino impossibile rintracciarla sulle mappe che riportano le svolte storiche più emblematiche e significative della civiltà, ma la sua è una storia antica, senza soluzioni di continuità e soprattutto peculiare. Tranquilla e schiva, ai margini dei grandi eventi, è stata tuttavia, pur nella sua dimensione minuscola e alla sua maniera intima, speculare alle eccitanti vicende dell’Europa e ai destini del mondo.
Ma la nostra monografia abbraccia solo un piccolo ritaglio storico, di una settantina di anni (dagli ultimi decenni del XIX sec. agli anni sessanta del XX sec.), relativamente tranquillo, un ritaglio che è forse il più vicino alla Cittanova immanentemente lirica, a quel tipo di vita serena raccolta in se stessa: gli ormeggi e i vapori, il mandracchio, le barche, i remi, i timoni, le vele, i pescatori, le reti, la mularia scalza, graziose signore e distinti signori, i botegheri davanti alle loro botteghe, e poi il centro stesso della messinscena cittanovese: la piazza, la chiesa parrocchiale e l’elegante campanile, i matrimoni, le feste, la banda cittadina, le osterie e i caffè e la folla festante, incantata dall’irresistibile calore di quel piccolo, raccolto ambiente sociale.
Riaffiorando dalle polverose tenebre di vecchie soffitte e dalla ritrosa discrezione degli album di famiglia, ad un tratto ci si spalanca dinnanzi l’immagine elettrizzante di una Cittanova nel suo pieno fulgore economico e sociale. Queste vecchie cartoline e qualche fotografia sono oggi praticamente l’unica memoria rilevante a testimonianza di una serie di lunghi decenni cittanovesi, di una palpitante vitalità cittadina, di cui altrimenti rimarrebbero soltanto le incerte reminiscenze dei più anziani e qualche accenno in vecchie note o documenti. Ancora ieri tutto sembrava in palma di mano, il passato più recente, i destini e i volti della gente, il modo di vivere e le relazioni, i nomi delle vie, dei negozi…Ma quella sconfinata intimità di vita e la vita stessa erano, intrinsecamente ed estrinsecamente, cosí a portata di mano che ci sembrava che nulla avrebbe potuto strapparle al ricordo, che la forza della memoria avrebbe prevalso sull’oblio…E poi, all’improvviso, travolti dalla vita, ci siamo ritrovati allo scadere del secolo, all’inizio del millennio, tra i frammenti di care immagini vissute, che, quasi in preda al panico, avremmo voluto rimettere ciascuna al proprio posto…
Questo libro vuol essere il punto d’incontro fra l’urgenza dei ricordi e le nebulose suggestioni emotive, e certamente rappresenta anche una coinvolgente testimonianza documentaria sulla nostra città.
Le cartoline cittanovesi sono il bel prodotto dell’ingegno editoriale del loro tempo, e non ci riferiamo solamente alle singolari litografie dello Sfecich che, per quanto poche, reggono il paragone con le migliori cartoline delle città europee al passaggio dal XIX al XX sec., ma anche a quelle più recenti, specie a quelle deliziose serie di cartoline colorate con i variopinti gruppetti di signori, pescatori e monelli cittanovesi. Cordiali e senza pretese, pieni di grazia e di amichevoli evocazioni, quei quadretti ci parlano soprattutto dell’amore verso la propria città, del cerchio magico delle emozioni e delle idee che l’hanno permeata e che col tempo l’hanno sospinta ad avanzare. Proprio per questo l’epoca che le ha viste nascere non è scomparsa del tutto. Al contrario, nel suo sfilato mondo parallelo, sembra che continui a pulsare cadenzando esattamente l’ineluttabile ritmo degli avvenimenti – ma stavolta all’indietro. E proprio qui, in quest’insolito ma sempre animato incrocio fra l’oggi e il domani e fra l’oggi e l’ieri, anche noi concludiamo questa ricerca un tantino proustiana del tempo perduto e chiudiamo lo scrignetto della città felice, perché adesso racchiude il tempo ritrovato.
Traduzione italiana: Elis Barbalich-Geromella
“La città felice, Cittanova nelle vecchie cartoline”, Casa editrice “Žakan Juri” di Pola, 2001.